martedì 24 marzo 2015

Templari: stiamo arrivando!

Eccomi qui, arrivato alla Cruz de hierro: un palo ligneo sormontato da una croce, appunto, di ferro... la guida dice che sorge sul posto in cui esisteva un altare dedicato al dio Mercurio. Nello stesso luogo nel 1100 l'ermita Gaucelmo eresse la croce (l'originale si trova  in un museo di Astorga). È tradizione portare da casa un sassolino e deporlo ai piedi della stessa. Io l'ho fatto: ho raccolto un piccolo sasso nel cortile di casa e l'ho avvolto in un foglietto su cui ho trascritto la preghiera della Cruz che così recita: "Signore, che questa pietra che depongo ai piedi della Croce del Redentore, simbolo dei miei sforzi nel mio pellegrinaggio, possa far pendere la bilancia in mio favore quando le mie azioni verranno giudicate".
Ho aggiunto una mia preghiera, le mie richieste e le mie intenzioni che però rimangono tra me e il Redentore (omissis).
Oltre ai 2 km appena fatti da Foncebadòn, ne percorriamo quindi altri 3 per giungere a Manjarin: un borgo in rovina e, come dice Davide, scarrupato, sdirrupato, quasi disabitato. Dico quasi perchè c'è un piccolo rifugio molto particolare, dedicato ai templari (apparentemente) e gestito da Manuel, un tizio simpatico, pronto a porre il sello sulla credenziale ed ha venderti la qualunque: anelli e spille dei templari ma anche conche e rosari, amuleti e talismani celtici nonchè tau francescani. Con lui Ricky, un hospitalero di Bologna: lui e i suoi dread ci consigliano di non prendere il sentiero innevato.
Riprendiamo il cammino percorrendo quindi la strada asfaltata: il sentiero è infatti ricoperto di neve e, non vedendo il fondo, preferiamo non prendere storte alle caviglie. Forse abbiamo allungato di uno o due chilometri, ma la strada (completamente priva di traffico veicolare) e il sentiero si articolano quasi sempre in parallelo, incrociandosi in due o tre punti. Superata una torre per le telecomunicazioni (il punto più alto dell'intero Camino a 1531 mt) cominciamo a scendere fino ad arrivare a El Acebo, un piccolo abitato che si sviluppa lungo l'asse centrale chiamato, come in altri paesi, calle real o calle del camino. Vista la temperatura (1 grado) e sentito constantemente il vento gelido tra le orecchie e il collo, ci fermiamo in un bar per un caffé e per scroccare il wifi (che sul Camino il 99x100 dei locali pubblici offre ai pellegrini) al fine di (dolo specifico) aggiornare blog e wazzappare un pò con l'Italia. Prendiamo un boccadillo per il pranzo e della frutta: apro una parentesi per dire che finalmente qui la mela sa di mela! Da tempo nei mercati e negozi torinesi trovo pomi aciduli e appena zuccherini...  ma chissá forse è solo fame......
Ripreso il cammino e il bastone che mi ero scordato al bar (!), abbiamo attraversato Riego de Ambròs (e qui mi è tornata in mente la pubblicitá televisiva del maggiordomo Ambrogio che serviva i cioccolatini alla contessa che voleva qualcosa di speciale .... chissá quale alchimia sta compiendo il Camino al cervello) e poi Molinaseca. Dal bivacco di Manuel al ponte del paese ci siamo impegnati in 11 km di sentiero in pietrisco duro che ci ha spremuto in discesa così tanto (1200 mt di dislivello) da farci sentire le vibrazioni di un martello pneumatico nelle ginocchia..... Superato il ponte entriamo nel paese: qui sostiamo per il panozzo quotidiano, spossati dalla fatica della discesa. Dopo il caffè di rito ci rimettiamo in marcia per raggiungere Campos (3 km) e Ponferrada (4 km).
In totale oggi 28 chilometri o 17,40 miglia terrestri... come volete, fate voi... sentitevi liberi di scegliere...
Dopo un breve e ristoratore riposo nell'ospitale de San Nicolás de Flüe, abbiamo visitato la basilica de nostra Señora de la encina (sorta sul luogo in cui i cavalieri del tempio, dopo aver abbattuto una quercia durante la costruzione del castello, trovarono nel tronco della stessa una statua della Vergine che ora è incastonata nel coro della chiesa), il castello templare ed il palazzo dell'ayuntamiento (con tanto di alcalde) in stile barocco.....